Non potrete dire di aver gustato Livorno senza prima aver sorseggiato almeno una volta il Ponce, una miscela di tradizione e passione che incarna alla perfezione il volitivo e caloroso spirito cittadino. Frutto anch’esso di stimoli e ingredienti importati, come quasi tutte le ricette livornesi, il Ponce è una perfetta commistione tra il calore e l’intensità alcolica del rum zuccherato, i profumi aromatici del caffè e la freschezza del limone.
Servito rigorosamente bollente in un tradizionale “gottino” di vetro, il cui fondo alto e pesante permette di non scottarsi le dita, il Ponce non è solo una bevanda, quanto piuttosto un elisir che riscalda l’anima e cura ogni malinconia. Come dicono i livornesi: “Vieni vì, beviti un ponce e vedrai che ti passa tutto!”
A Livorno, in tutti i “barri” della città, i “barristi” labronici, rigorosamente con la doppia erre, sanno alla perfezione come si prepara. Per i livornesi, infatti, è un rito quasi quotidiano, consumato solitamente dopo i pasti, più spesso d’inverno con la scusa di scaldarsi.
Insomma il Ponce è un’esperienza assolutamente da provare! Ma attenzione a non esagerare. Passando infatti dal singolare Ponce al plurale Ponci (sì, il nome si coniuga anche al plurale), potreste incappare in un’escalation di effetti collaterali direttamente proporzionale al numero di gottini svuotati: ilarità crescente, vampate di calore, perdita di lucidità e controllo ecc. In tal senso il ritornello di una filastrocca livornese è illuminante: “Onci onci onci, bevi di meno ponci, guarda ‘ome ti ‘onci a bé tutti ve’ ponci!”
Non dimenticate inoltre le avvertenze più canoniche: dovete sorseggiare il Ponce con relativa calma quando è ancora bollente e finendolo prima che inizi a raffreddarsi. Ma, soprattutto, non cercate mai di fare come Buffalo Bill che, passando da Livorno con il suo celebre circo nel 1906, tentò di bere il Ponce tutto d’un fiato, fallendo miseramente e mettendo per sempre a rischio la sua fama di bevitore.
Fino all’inizio del Novecento il Ponce veniva preparato facendo bollire il caffè macinato in una pentola d’acqua, ottenendo così un infuso che veniva poi filtrato con un panno di lana e versato nella caffettiera. Al super-caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto un misurino di “rumme”: un distillato dal colore ambrato fatto con zucchero, caramello ed essenza di rum, chiamato anche “rum fantasia”, forse proprio perché ci voleva molta fantasia per chiamarlo rum.
Oggi la ricetta del Ponce è ormai cristallizzata. La sua preparazione prevede la bollitura a vapore del “rum fantasia” insieme allo zucchero, a cui si aggiunge successivamente un caffè molto forte e ristretto, ed infine una scorzetta di limone chiamata “vela”. L’aggiunta della “vela” ha una sua genesi particolare. A quanto pare i gestori degli spacci di alcolici, per dare un tocco di freschezza alla bevanda, erano soliti igienizzare e inumidire i bicchierini di vetro con una fetta di limone che poi veniva posizionata sul bordo del bicchiere evocando le vele delle navi. Per questo motivo il Ponce è anche conosciuto come “Ponce a vela“. Poetico, non trovate?
Nella grande famiglia delle bevande alcoliche livornesi il Ponce è senza dubbio la ricetta madre ma ne esistono anche altre, tra varianti e ispirazioni, che riscuotono ancora molto successo. Nell’improbabile caso che il Ponce “al naturale” non soddisfi il vostro palato o che semplicemente siate molto curiosi, vi presentiamo quindi alcuni “fratellini” del Ponce e anche una “sorellina”, tutti da gustare:
Come ogni altra ricetta tipica della gastronomia livornese anche il Ponce ha origini dal melting pot di culture e popoli che ha plasmato l’identità di questa città così unica.
In questo caso sono stati gli inglesi i nostri ispiratori. Possiamo dire infatti che il Ponce sia una sorta di reinterpretazione creativa di due loro bevande alcoliche giunte a Livorno quasi parallelamente:
Nel reinventarle e dare vita al Ponce, i livornesi hanno tuttavia fatto di testa loro utilizzando quello che avevano a disposizione.
Hanno mantenuto lo zucchero, limitato gli agrumi al solo limone, sostituito il tè con il caffè e cambiato la qualità del rum delle antille con una versione più povera inventata ad hoc.
Un distillato dal colore ambrato fatto con zucchero, caramello e, occasionalmente, essenza di rum, ribattezzato “rumme”o “rum fantasia”, forse proprio perché ci voleva parecchia fantasia a chiamarlo rum.
Una formula, poi perfezionata nel 1929 dal ragioniere Gastone Biondi della ditta Vittori, che ancora oggi è l’ingrediente fondamentale del Ponce alla Livornese.
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